Piero Bevilacqua mette insieme storia politica, storia economica e storia della cultura per descrivere l'attuale condizione del Pianeta, le ragioni per le quali stiamo come stiamo e i possibili (anche se difficili) rimedi. Ricominciare, a crisi finita, come se niente fosse stato, sarebbe il più grave degli errori. Sarà necessario invece cambiare stili di vita, abitudini, soprattutto consumi.Corrado Augias, "il venerdì di Repubblica"L'economia neoliberista o neoliberale che domina da trent'anni è del tutto irrazionale; eppure continua a dettare l'agenda politica. Lo storico Piero Bevilacqua indica vie alternative contro-movimenti sociali e beni comuni da riscoprire e re-imparare a condividere senza però nascondersi come tutto questo sia difficile da realizzare.Lelio Demichelis, "Tuttolibri"Abbiamo assistito soltanto alla solita crisi ciclica e tutto riprenderà come prima? La fine della tempesta finanziaria e il ritorno alla normalità metteranno tutto a posto?Il capitalismo è entrato in un'epoca di distruttività radicale. Dissolve le strutture della società, cannibalizza gli strumenti della democrazia, desertifica il senso della vita.Viviamo in una delle più paradossali società che la storia umana abbia mai edificato nel suo lungo cammino. Una ricchezza straripante che dilaga dappertutto e la condanna alla marginalità degli uomini e delle donne che la producono. Oceani di beni intorno a noi, che non servono però a dare tempo di vita, non ci liberano dalla precarietà, ci gettano nell'insicurezza, obbligano a un lavoro crescente, a rapporti umani definitivamente mercificati e privi di senso. Il culto dell'individualismo esorta al consumismo solitario di prodotti effimeri, degrada l'ambiente che abbiamo intorno, danneggia l'habitat sociale comune, è in conflitto con l'interesse generale. Paradossalmente, mentre spinge alla solitaria soddisfazione di ognuno, compromette alla radice la possibile felicità di tutti. È altra invece la direzione di marcia richiesta da un approdo più avanzato di civiltà. L'utilizzo dei beni comuni richiede non il possesso, ma la condivisione d'uso, non la predazione individuale, ma il godimento collettivo. Tale nuova dimensione pubblica della ricchezza deve oggi trovare il linguaggio che l'esprime, le parole capaci di raccontarla.