Uno scritto non è sempre, di per sé, un prodotto destinato a qualcuno che lo leggerà. Alcuni scrivono per se stessi e, a volte, ne scopriamo il pensiero solo dopo la loro morte, perché viene deciso di rendere pubblico il loro lavoro da parte di terzi. L’edizione di un romanzo, invece, trae la sua origine dalla precisa volontà di qualcuno di raccontare ad altri una storia. Non tutti i libri, né tutti i racconti sono, per l’Autore, però, destinati a tutti. Alcuni mirano ad interessare solo una determinata fascia di lettori. Il “Lord Henry di Alpha” di Alessandro Faonio punta chiaramente a questo. Lo si nota da subito, sia dal linguaggio che dallo stile della scrittura, in modo da stimolare e far proseguire nella lettura solo coloro che ne abbiano veramente desiderio. Nel libro, infatti, il racconto è pretesto per un’analisi più attenta di aspetti che caratterizzano il pensiero.
Il romanzo, quindi, inteso proprio come racconto, serve solo da base che sostenga, gradevolmente, una profonda diesamina filosofica. Questo è il vero “corpo del testo” e questo dovrebbe arrivare, a mio avviso, al lettore, molto più che la mera comprensione dei fatti legati alla storia narrata. La dimostrazione si ha nel finale, dove le varianti possibili sono infinite, proprio a dimostrare che, dato che il pensiero muove l’azione, ogni azione può essere diversa in base alla visione che si ha rispetto agli accadimenti.
L'autore non intende convincere il lettore su qualcosa, non cerca verità assolute, anzi, ma fa capire come il fermarsi alla superficie del pensiero non è mai in grado di darci risposte appaganti. Egli ottiene tale riflessione da parte del lettore, a mio avviso, non solo attraverso il linguaggio o lo stile con cui si esprime, ma anche, e soprattutto, grazie alla capacità di costruire un “sottotesto” che, impossibile da non cogliere per chi metterà un minimo di attenzione nella lettura, potrà entrare in profondità nella mente e, di conseguenza, nel pensiero di chi avrà la fortuna di leggere questo libro.