Un bambino di quattro anni nascosto sotto il tavolo in cucina, nell’attesa degli eventi che diventeranno poi la sua vita. È questa la prima immagine che appare a Emanuele Severino quando, errando tra i ricordi, riavvolge i fili della propria esistenza. Errando, appunto, perché il ricordo è di per sé falso e distratto. Tra aneddoti e suggestioni, riaffiorano l’infanzia a Brescia e gli anni della guerra; la scomparsa del fratello Giuseppe, arruolatosi come “volontario” sul fronte francese, e l’incontro con Esterina, “la ragazza più bella di Brescia”, che diventerà sua moglie ed è lo sfondo di queste pagine; gli studi universitari a Pavia e l’insegnamento alla Cattolica di Milano, a seguito del “maestro” Gustavo Bontadini; la controversia con la Chiesa, che nel 1970 proclamò l’incompatibilità delle sue posizioni con quelle della dottrina cattolica; il rapporto con i figli; la stesura delle sue opere e le conversazioni filosofiche con gli amici. Emanuele Severino, con uno sguardo delicato e ironico, ripercorre la sua vita, illuminando luoghi, volti ed esperienze, perché “ciò che se ne va scompare per un poco. Ma poi, tutto ciò che è scomparso riappare”.