«Il navigatore di porto», pur essendo un diario a sé stante, è il naturale proseguimento del precedente «Mi son fatto costruire una barca perché... già... Perché?!»
Il protagonista, vivendo quasi costantemente in porto, tranne durante alcune brevi crociere in Mediterraneo, si trova alle prese con gli effetti, morali e materiali, della situazione in cui si è venuto a trovare dopo la costruzione di quella barca che, nelle originarie intenzioni, sarebbe dovuta essere l’ultima sua dimora.
L'aver trasformato un sogno in una realtà non sempre piacevole, lo induce ad una continua ricerca dell'origine dei comportamenti, sia propri che delle persone incontrate durante i due anni occorsi alla costruzione della barca.
Tale indagine è condotta, se non con quell'approfondimento che toglierebbe stimolo ad ulteriori analisi, senz'altro con il continuo intento di rimanere nell'oggettività, perché, se esiste una "verità reale" la cui conoscenza offra la possibilità di non ricadere nelle medesime difficoltà, egli pensa che raramente la si possa trovare partendo da punti di vista soggettivi.
«Il navigatore di porto» è un diario nel quale il protagonista si confessa, raccontando i propri “peccati” come fossero quelli di un altro, alla ricerca non tanto di un’assoluzione, quanto della comprensione di ciò che l’ha spinto a commetterli.