«U piscispata s’ammazza da sulu. Un’avi vògghia di fàrisi piscàri»* Con questa frase Zu Beppe, un pescatore di Favignana, accoglie in casa Nino Pizzuto, giovane turista al quale ha affittato una stanza per l’estate. Dapprima infastidito, poi incuriosito, l’ospite incomincia ad ascoltare i racconti sulla tonnara e decide di tornare l’anno successivo durante il periodo della pesca. Grazie a Zu Beppe, Nino sale a bordo delle barche che formano il quadrato della morte e assiste alla mattanza dal vivo, a contatto coi tonnaroti. Affascinato e turbato da quella esperienza, torna per anni sull’isola, al punto da essere inserito, unico forestiero, nell’equipaggio. Ha così modo di entrare in confidenza coi pescatori, conoscere le loro storie, i segreti del loro lavoro, la fatiche, i riti, le superstizioni, le dicerie che da più di mille anni circondano la mattanza. Sono gli accadimenti della vita che a un certo punto tengono Nino lontano dall’isola, ma ciò non gli impedisce di venire a conoscenza della tragedia che colpisce la famiglia di Zu Beppe. Sarà Favignana a riannodare il filo che lega Nino a quei luoghi e, dopo la chiusura della tonnara, toccherà a lui trovare il modo di non lasciare morire il ricordo dei tonnaroti del mar delle Egadi. E tramandare le leggende che da sempre abitano l’isola. *(Il pescespada si ammazza da solo. Lui non vuole farsi pescare)