Più volte, nel corso di questo secolo, le scoperte della fisica sperimentale hanno gettato gli scienziati stessi in uno stato di grave sconcerto, quale espresse una volta Einstein: «Tutti i miei tentativi di adattare i fondamenti teorici della fisica a queste [nuove] acquisizioni fallirono completamente. Era come se ci fosse mancata la terra sotto i piedi, e non si vedesse da nessuna parte un punto fermo su cui poter costruire». Con le scoperte di questi ultimi anni, con il proliferare delle particelle sino a più di duecento, non solo quel «punto fermo su cui poter costruire» invocato da Einstein si è ancora di più allontanato, ma sono stati messi in discussione i presupposti secondo i quali quel «punto fermo» dovrebbe esserci: tale espressione infatti rimanda alla concezione di una materia composta di mattoni fondamentali e univocamente localizzata – ed è proprio questa la concezione che oggi è in dubbio.
Ma qual è allora la nuova concezione che emerge dalle scoperte più recenti sulla costituzione della materia? Un fisico americano, Fritjof Capra, ha tracciato in questo libro, che ha avuto subito una grandissima fortuna, innanzitutto un quadro esemplarmente chiaro delle acquisizioni ultime della fisica, mettendole in parallelo con antichi testi mistici indù e cinesi. Senza indulgere a una qualche armonizzazione forzata, Capra ha però osservato con acutezza come certi presupposti di quei testi risuonassero con certe ipotesi della fisica dei nostri anni, per esempio con la cosiddetta «teoria del bootstrap» o con la teoria dei quark. Se questa risonanza esiste non è certo perché i sapienti orientali pensassero in termini di fisica subatomica, né perché i fisici attuali si siano convertiti alla mistica orientale. Il fenomeno è un altro: per irresistibile spinta delle sue scoperte stesse, la scienza occidentale si è allontanata e continua ad allontanarsi sempre di più dalla cornice entro cui è nata, che è quella cartesiana di una divisione invalicabile fra mente e natura. Così, idee come quella della «fondamentale interconnessione della natura», che sono il fondamento di tanta parte del pensiero orientale, o immagini come quella della «danza di Siva» cominciano ad acquistare un preciso significato nel linguaggio della fisica di oggi, là per esempio dove essa pone l’accento sulla «compenetrazione». Si tratta di un immenso mutamento di prospettiva epistemologica: il raro merito di questo libro di Capra è nell’averlo saputo esporre per la prima volta in modo organico, parlando simultaneamente agli scienziati e al generico lettore intelligente, in un felice tentativo di «far capire che la fisica moderna va ben al di là della tecnologia, che la via – il Tao – della fisica può essere una via con un cuore».
"Il Tao della fisica" è apparso per la prima volta nel 1975.