Un’alchimia magica, quella nata tra il Toro ed Eraldo Pecci: la sua storia coincide con la stagione della rinascita per i granata, che tornavano finalmente a vincere dopo la tragedia di Superga, dove il Grande Torino aveva perso i suoi Invincibili, conquistatori di cinque titoli consecutivi tra 1943 e 1949.
Pecci era un giovane centrocampista di belle speranze appena arrivato dal Bologna: calciatore dalla fisicità atipica, tanto che i compagni lo chiamavano Barattolo, baciato da uno spirito romagnolo ironico e allegro, con i piedi ci sapeva fare parecchio. Insieme ai fuoriclasse di quel tempo, Ciccio Graziani, Paolo Pulici, Renato Zaccarelli, Claudio Sala, l’allenatore Gigi Radice e tutti gli altri, ha costruito il gioco fantasioso e intelligente che ha condotto il Toro fino all’entusiasmante conquista dello scudetto nel campionato ’75-76. In questo memoir, in bilico tra nostalgia e ironia, Pecci racconta scherzi e scaramanzie di squadra esilaranti e commoventi, aneddoti irresistibili dentro e fuori del campo, in un ritratto privato dei protagonisti di un calcio d’altri tempi, umano, leale, poetico.