Presentare i frutti del restauro di un capolavoro come il Trittico del Beato Angelico è senz’altro uno tra i compiti più emozionanti che un Soprintendente possa trovarsi a celebrare - non solo perché in linea con i propositi ministeriali della valorizzazione e conservazione del patrimonio storico-artistico del nostro paese - soprattutto quando, nel caso specifico che qui si introduce, proprio il restauro ha permesso di restituire al pubblico un’opera completamente rinnovata nello splendore visivo dell’immagine consegnataci dal pittore toscano, Giovanni da Fiesole meglio noto come Beato Angelico, alla metà del Quattrocento, ma ha anche consentito di comprenderne meglio la natura materiale, di riscoprirne i significati spirituali e contenutistici, di osservare più consapevolmente le innovative soluzioni iconografiche e le modalità tecnico-esecutive che il celebre monaco domenicano ha messo “in opera” più di cinque secoli fa.
Dall’introduzione di Daniela Porro