Nell'ottobre del 1978, l'australiano Warren Fellows viene arrestato a Bangkok insieme ai suoi due complici per traffico internazionale di eroina. La condanna è il carcere a vita da scontare nella famigerata prigione maschile di Bang Kwang, soprannominata dai thailandesi "Big Tiger", la grande tigre che mangia vivi gli uomini. Per Fellows, la condanna è l'inizio di dodici anni di inferno, come apprendiamo pagina dopo pagina da questo agghiacciante diario. Il suo racconto ci porta oltre le sbarre di una prigione che da sempre è considerata tra le 10 più terribili di tutto il mondo, un luogo nel quale l'affollamento e la promiscuità - con decine di detenuti costretti a condividere una piccola stanza munita di un buco sul pavimento per gli escrementi - sembrano davvero l'ultimo dei problemi, se paragonati agli scarafaggi di cui i prigionieri sono costretti a nutrirsi per la penuria di cibo, al bieco sadismo delle guardie o alle punizioni come il khum deo: ossia l'isolamento praticato però in stile thai... Fellows non cerca l'assoluzione da parte dei lettori, e con schiettezza ricorda anche le proprie indubbie responsabilità, la sventata smania di denaro che lo ha spinto a diventare un corriere della droga. Ma la sua testimonianza non può non destare raccapriccio, al contempo suscitando più di un interrogativo sul deviato senso della giustizia applicato ancora oggi in molte regioni del mondo.