Il cosiddetto reato di clandestinità è giunto al suo settimo anno di vita, ma non si può dire che goda di ottima salute; è infatti sopravvissuto (almeno formalmente) ad una legge delega per la sua abrogazione, allo scrutinio di compatibilità con i principi della direttiva comunitaria su rimpatri e ad oltre settanta scrutini di legittimità costituzionale ma, cammini facendo, ha perso gran parte del suo effetto tranchant a causa: vuoi dell’apertura della Consulta alla scriminante della speciale tenuità (sent. 150/2010); vuoi per l’inapplicabilità dell’espulsione sostitutiva della pena nella maggior parte (o totalità?) dei casi (C.G. ord. Mbaye 21.3.13); vuoi soprattutto per l’avverarsi delle condizioni già denunciate dalla migliore dottrina che, facile Cassandra, aveva previsto fin dalla sua nascita l’inutile effetto moltiplicatore dei processi penali innanzi al giudice di pace, senza una effettiva ricaduta in termini di incremento del numero dei rimpatri.
L’opera cerca di fare il punto sulle questioni processuali e sostanziali più importanti e di offrire le soluzioni più meditate.