Composto e pubblicato in rivista nel 1897, Karain venne inserito l’anno dopo da Joseph Conrad nel volume dei Racconti inquieti accanto ad altri capolavori come Un avamposto del progesso e Il ritorno. Non sono passati nemmeno tre anni dal suo esordio narrativo, ma quel prodigio letterario che è la prosa di Conrad è ormai un fatto compiuto, del quale non tarderanno ad accorgersi spiriti come Henry James, Virginia Woolf e Bertrand Russell (la cui testimonianza riguardo alla vita e all'opera di Conrad, che il filosofo conobbe e ammirò di persona, è proposta in appendice alla presente edizione).
Karain è un perfetto esempio dell’arte del grande scrittore allo stato nascente, nel suo inedito e rivelatore equilibrio tra l’avventura esotica e l’indagine sul carattere umano, con le sue miserie e le sue grandezze che prendono forma a contatto con gli enigmi del destino. Ma il racconto, che prende il titolo dal suo indimenticabile protagonista, un fiero guerriero malese, è anche il resoconto (""memoir"", lo definisce l’autore, come si usa con un fatto realmente accaduto) di un paradossale processo di guarigione. Oppresso da una colpa di cui non è capace di dare una spiegazione razionale, Karain ha perduto la sua prodezza e la sua stessa vitalità. Ma nel suo mondo non esistono medici capaci di curare le ferite dall’anima. E se Karain è sorprendente, ancora di più lo sono i suoi provvidenziali guaritori occidentali: contrabbandieri di armi inglesi che rischiano la forca a ogni spedizione. Da questa situazione scaturisce, nel cuore di una notte asiatica di quelle che mai nessuno come Conrad è stato capace di raccontare, un’idea terapeutica semplice come uno scherzo infantile ma più efficace, a quanto pare, di tutti gli odierni psicofarmaci. Non sarebbe giusto anticipare altri dettagli di questo singolare processo di guarigione, guastando il piacere della sorpresa. Ma si guardi bene il lettore, arrivato alla fine, di pensare che l’uomo bianco, con la sua superiorità intellettuale, tratti il selvaggio come un bambino e lo guarisca. Questo può essere anche verosimile in superficie, ma il senso di una storia di Conrad, si sa, va cercato scavando più a fondo nei fatti, fino a raggiungere quel lato d’ombra della coscienza che è il vero dominio dell’artista, dello scrutatore d’anime.