"Io accetto con gratitudine la Vostra generosa offerta, Duce, di mandare un corpo italiano ed aerei da caccia italiani sul teatro bellico orientale"
Adolf Hitler a Benito Mussolini
"Voglio far sapere come si moriva: sembrerà banale, ma una delle cause principali era il congelamento dei piedi. Dopo un giorno o due di marcia a quelle temperature, con le nostre scarpe, non adatte a quelle condizioni, i piedi si congelavano e non era più possibile camminare: si restava così bloccati sulla strada per morire assiderati dopo dieci minuti"
bersagliere Bruno Doni
Quando nel giugno 1941 Hitler scatenò l’"operazione Barbarossa" contro l’Unione Sovietica, avrebbe fatto volentieri a meno dell’aiuto italiano; l’Italia, aveva scritto a Mussolini, avrebbe dovuto concentrare il suo impegno in Nordafrica. Ma Mussolini voleva esserci a tutti i costi, e fece costituire il Corpo di spedizione italiano in Russia (Csir), che a metà luglio partì per il fronte orientale. Un anno dopo, unito a nuovi corpi d’armata nell’Armir (Armata italiana in Russia), fu schierato sul Don dove l’offensiva sovietica, fra dicembre 1942 e gennaio 1943, lo annientò. Dei 230 mila italiani partiti per la Russia, 95 mila non fecero ritorno: parte uccisi in combattimento, parte morti di stenti e di freddo nelle "marce del davaj" e in prigionia. Il racconto vivido e terribile della campagna più disastrosa e inutile della guerra fascista.