La città europea è da sempre l'ambiente della nostra civitas democratica. Quello dove i cittadini si riconoscono come tali, dove sono cresciuti i diritti umani e le libertà. Per questo i muri dell'urbs sono stati immaginati con la pretesa di offrire una prospettiva di eternità nella quale radicare le nostre speranze terrene e riconoscerci pienamente come cittadini. Il degrado delle periferie europee, i cui abitanti sono privati della loro appartenenza alla civitas, è uno dei disastri del Novecento. L'Europa è stata capace di risollevarsi dalle sbandate per i totalitarismi, salvata dall'antica radice democratica della civitas, ma non sembra ancora avviata a rigenerare con altrettanta consapevolezza la consolidata figura dell'urbs. Senza alcuna nostalgia tradizionalista, Marco Romano ci invita a riscoprire il linguaggio consolidato attraverso i secoli nella sfera estetica della città. Quel linguaggio che non è soltanto una declinazione artistica tra le tante, ma il solo modo con il quale la civitas esprime il sentimento della propria cittadinanza e il riconoscimento della dignità dei suoi cittadini. «Da mille anni in Europa la sfera estetica della città è il mondo simbolico delle nostre libertà e dei nostri diritti. Se vogliamo sanare le ferite delle avanguardie e il disastro delle periferie occorre conoscere e applicare le regole consolidate della bellezza».