Pubblicato nel 1923, l’anno successivo all'uscita di La stanza di Giacobbe della Woolf e dell’Ulisse di Joyce, nonché del saggio che ha rivoluzionato la visione occidentale dell'individuo, L'Io e l'Es di Freud, La coscienza di Zeno risente di questi potentissimi influssi sin dalla prefazione, in cui l'opera viene presentata al lettore come un'autobiografia scritta da Zeno Cosini su ordine del suo psicoanalista allo scopo terapeutico di guarire dalle nevrosi che lo tormentano.
Zeno è infatti afflitto da molteplici disturbi, di cui i più evidenti sono un vizio del fumo che egli tenta di eliminare e una malattia immaginaria alle gambe. Nel tentativo di rintracciarne le cause e in questo modo liberarsene, egli narra gli episodi salienti della propria vita e i rapporti che lo legano a suo padre, a sua moglie Augusta e al suo amico-rivale Guido.
Ma l'esperimento psicoanalitico fallisce, perché Zeno non arriva alla guarigione, finendo coll'abbandonare la terapia. Quello che conquista, però, è la consapevolezza che la cosiddetta “salute” che gli psicoanalisti contrappongono alla “malattia” non è un valore positivo, anzi il malato, “l'inetto” è colui che meglio degli altri sa far valere se stesso contro gli stereotipi, i conformismi e le meschinità imposti dalla società.
Italo Svevo
Nasce a Trieste nel 1861 e nella città natale vi resta per quasi tutta la vita.
Nel 1880 inizia a lavorare per la Banca Union e nel 1896 sposa Livia Veneziani, da cui avrà quattro figli. Si muove culturalmente nell'ambiente mitteleuropeo di inizio ‘900, dove ha modo di conoscere personalmente James Joyce, di cui sarà allievo, e indirettamente Sigmund Freud.
La sua attività di romanziere inizia nel 1892 con Una vita, cui seguiranno Senilità e il più celebre La coscienza di Zeno. Il quarto romanzo, Confessioni di un vegliardo, resterà incompiuto.
Muore a seguito di un incidente stradale il 13 settembre 1928.
I testi della collana Grandi Classici sono a cura di Clio Stefanelli.