Dove va un Paese che per fare un ponte di 81 metri impiega il triplo dei cinesi per uno di 36 chilometri sul mare?
Che infligge a chi ha un’impresa fino a 233 scadenze l’anno?
Che consuma energia quanto Austria, Turchia, Polonia, Romania insieme ma la compra quasi tutta fuori? Che rinvia i processi perfino al febbraio 2020?
Che affida alla Protezione Civile anche il restauro del David di Donatello?
Che movimenta in tutti i suoi porti meno container della sola Rotterdam?
Che progetta treni veloci con fermate ogni 10 chilometri?
Che assume maestri e docenti solo per sanatorie e promuove tutti anche se somari?
Dalle infrastrutture bloccate da lacci e lacciuoli di ogni genere all’attività legislativa farraginosa, dai ritardi nell’informatica che ci fanno arrancare dietro la Lettonia agli ordini professionali chiusi a riccio davanti ai giovani, dal declino delle Università-fai-da-te alle rivolte di mille corporazioni, dalle ottusità sindacali ai primari nominati dai partiti: l’Italia è un Paese straordinario che, nonostante la sua storia, le sue eccellenze, i suoi talenti, appare ormai alla deriva. Un Paese che una classe politica prigioniera delle proprie contraddizioni e dei propri privilegi non riesce più a governare. È la tesi di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo: quella Casta, denunciata nel libro che ha rappresentato il più importante fenomeno editoriale degli ultimi anni, non è soltanto sempre più lontana dai cittadini ma è il sintomo di un Paese che non sa più progettare e prendere decisioni forti.
E il confronto con gli altri Paesi, senza una svolta netta, coraggiosa, urgente, si fa di giorno in giorno così impietoso da togliere il fiato.
E intanto la politica, costosa e impotente, troppo spesso parla d’altro.