«Brucia dirlo, ma un orlo nero segna i nostri giorni incolpevoli, senza memoria e senza storia»: era il 1938 quando Mussolini avviò la campagna antisemita, prima fase di un dramma che avrebbe coinvolto milioni di persone. La parola ebreo di Rosetta Loy ci riporta al clima degli anni in cui la sua famiglia, cattolica, e una certa borghesia italiana, anche se non apertamente schierata con il fascismo, accettarono le leggi razziali senza avere coscienza della tragedia che si stava compiendo. La bella casa romana, le vacanze in montagna, i ricordi dolci di un'infanzia innocente si affiancano ad altri ricordi piú inquietanti che affiorano poco a poco nei volti e nelle figure di persone improvvisamente diventate «altre» per decreto e per questo perseguitate. L'autrice ritrova i segni misteriosi e ambigui di quella quotidianità vissuta al riparo della storia e si insinua nelle pieghe dei fatti raccontando, con l'aiuto di lettere, dichiarazioni, discorsi, i passaggi cruciali di un periodo in cui nessuno - tanto meno la diplomazia vaticana, soprattutto nella persona di Pio XII - è stato capace di opporsi alla follia nazista. Rosetta Loy disegna cosí i contorni di quella «zona grigia» in cui memoria individuale e memoria collettiva sinistramente si sovrappongono, scoprendo i nodi di un dilemma storico e morale di intatta attualità.