Queste brevi composizioni scontano un rifiuto. Cercano infatti di sfuggire alla tentazione del voler sempre, diligentemente, annotare. Narrare. Esse vanno invece alla ricerca di quegli istanti di luce che aprono il silenzio e la solitudine. Di quel “..suono che indugia sull’ultima riga”, di quella “voce di chi vive come se fosse nascosto.” Ed è un abbraccio misterioso, un brivido. E dà corpo a quella verità che sembra sfuggirti, se la tua voce non riesce a definirla, se resta come un suono che non si traduce in una nota. Perché la poesia è di chi prova a rendere l’esistenza, in qualche modo, sonora, assicurandole come un armonico, illuminato ritorno. Un riascolto. E, dunque, un magico esercizio di consapevolezza sulle tracce sfiorate da un’eco.