In questi due scritti (che appartengono alla fase conclusiva dell’esistenza di Wilhelm Röpke, economista tedesco di nascita e svizzero di adozione) viene offerta una riflessione assai acuta sulle implicazioni morali e culturali della società libera e dell’economia di mercato.Mentre negli anni scorsi ci si è spesso riferiti a questo studioso per giustificare varie forme d’interventismo e regolazione pubblica, un’attenta lettura di tali scritti può permettere di cogliere appieno il senso di quella che Röpke stesso volle definire la sua “terza via”, che non si collocava certo tra il socialismo e il liberalismo ma che, al contrario, rappresentava il miglior modo d’intendere il neo-liberalismo di cui egli era interprete.I due testi – non a caso – includono una critica molto netta di quei moralisti che ignorano ogni questione economica e sociale e, al tempo stesso, dell’economicismo superficiale di troppi positivisti. Difensore del profitto e fiero nemico dell’inflazione, Röpke esce da queste pagine come un liberale assai coerente, che si sforza costantemente di ricondurre la teoria della libertà alle sue ragioni spirituali.