Tutto ha inizio con una valigia di cartone dal contenuto enigmatico ed evocativo, eredità identitaria di Monsieur Chouchani, clochard geniale apparso nella Parigi degli anni Cinquanta e poi misteriosamente svanito nel nulla. «Io non so cosa sappia», ebbe a dire di lui Emmanuel Lévinas, «ma di una cosa sono certo: tutto quello che io so, lui lo sa.» È a partire dai ricordi, dalle voci e dalle leggende sullo scostante e onniscente Chouchani che Haim Baharier, per la prima volta, racconta la propria vita. Nella memoria si fanno allora spazio frammenti di ricordi, di storie personali e familiari: l’infanzia nella Parigi del dopoguerra, i precettori che lo introducono alla Torà, la complicità di un amico nella scrittura dei primi versi, gli incontri con il mondo intellettuale parigino dei sopravvissuti alla Shoà. E poi i numerosi viaggi e gli studi fino all’arrivo in Italia, dove Baharier conduce esclusive e memorabili lezioni di ermeneutica ed esegesi biblica.
Racconto a metà tra una biografia impossibile e un’autobiografia involontaria, La valigia quasi vuota tiene insieme, con delicatezza e sincerità non comuni, memorie personali e storia collettiva, schegge di vita emblema di un intero popolo. Gli incontri, i luoghi e le esperienze vissute diventano così simboli da interpretare e da cui trarre insegnamenti, in un libro che riesce ad appassionare, commuovere e insegnare come accade solamente alle opere dei veri maestri.