L’altro, lo stesso, che vede la luce nel 1964 e costituisce la più copiosa delle raccolte poetiche di Borges, ci consente di seguire, lungo l’arco di oltre un trentennio, l’evoluzione della sua scrittura, dall’abbandono delle «innocenti novità rumorose» alla conquista di una compostezza e di una misura formali, un linguaggio nitido ed essenziale che mette a fuoco la sua intensa riflessione sul destino umano e sull’enigmaticità del reale. In queste pagine, e forse soprattutto nella forma chiusa del sonetto, infatti, quella «modesta e segreta complessità » che è per Borges l’obiettivo ultimo di uno scrittore trova la sua più compiuta espressione. Mentre il percorso attraverso l’opera si arricchisce di eco, citazioni, rimandi, scopriamo via via i temi cifrati e personali che il grande autore chiama le «mie abitudini»: «Buenos Aires, il culto degli antenati, la germanistica, la contraddizione fra il tempo che passa e l’identità che permane, lo stupore che il tempo, nostra sostanza, possa essere condiviso». Un’avventura di lettura che si fa, essa stessa, labirinto borgesiano, in cui felicemente smarrirsi.