Potere, follia, sesso, delitto.
Forse le quattro parole chiave che preludono a una quinta: genio.
Il dramma raccontato ne "Le collezioniste" è ispirato dalle quattro chiavi per giustificare quella quinta possibile all'essere umano (humus, terra putrida ma fertile), che normalmente assomma nella valenza mentale solo le prime quattro..., che eccezionalmente sintetizza nella quinta il significato di esistenza elaborandolo a prodotto. E' il caso di Sigismondo Freddi, medico patologo e psichiatra dirigente di polizia scientifica, non è il caso di Gustavo Jovine, commissario capo e amico del medico dai tempi del liceo..., potrebbe esserlo per Federica Corleonesi, capoprocuratore della Repubblica,... se non fosse soprattutto pazza.
Jovine si narra in prima persona (evento possibile perchè fra i tre quello normale è lui, che non è pazzo e tanto meno un genio), descrivendo la propria banalità umana confrontandola con l'eccezionalità degli altri due, emancipandosi nella mediocrità elevando a potenza la meschinità per arrivare talmente in alto nella piramide della amministrazione statale, come mai si sarebbe sognato, facendosi cosciente di quanto sia stato fortunato ad avere avuto un genio per amico e una folle per superiore.
Quindi: delitto, follia e sesso sommati col fine del potere determinano il limite per chi prostituisce il genio nell'illusione concupiscente di comandare (che dicono sia meglio che fottere... quando non è il fottere a comandare), ma la conclusione sarà per forza (o per amore: sesta parola che infrange le altre cinque) la sorpresa… a fare del dramma umano quella farsa che azzera tutti i valori della favola della vita.