"Volevo conoscere la vita, scrivere, battermi per quello che mi stava a cuore, incontrare i personaggi che mi affascinavano, svegliarmi ogni giorno in una città diversa, camminare tra uomini e donne straniere, provare la solitudine del caffè bollente all'alba, servito da uno sconosciuto. Volevo prendere il mio corpo e la mia anima e metterli davanti alle prove più brutali, per vedere se e quando si sarebbero spezzati." Come Pirandello e Vittorini, Gianni Riotta parte un giorno dalla natia Sicilia, perché "per vivere occorreva andare via". È questa la prima tappa coraggiosa di un'avventura personale e professionale ricchissima, che ha le sue radici nell'"Isola" e che lo porterà poi in paesi remoti, facendogli incrociare i protagonisti della storia del Novecento: i sapori della Sicilia arcaica raccontata da nonna Anita, la scoperta della realtà della mafia, l'esame di maturità sotto gli occhi del "maestro Sciascia", la passione per i grandi libri e i filosofi da cui scaturiscono i dilemmi e le domande più spiazzanti. E ancora: le lezioni sul coraggio di Leone Ginzburg e Primo Levi, gli Stati Uniti e New York, l'Iraq da inviato di guerra, Torino e i racconti di Mario Rigoni Stern e Vittorio Foa. Un originale viaggio nella memoria per riflettere su quello che vale la pena sapere e fare nel tempo della nostra vita. Tessendo i ricordi, Riotta conduce il lettore ai dubbi e alle speranze di oggi, in una cronaca familiare e politica dove il cibo di strada siciliano e il tè dei mujaheddin afghani a Kabul finiscono per insegnare una comune morale di compassione e tolleranza, dove sotto il fuoco di Tikrit tornano a risuonare le parole con cui Antonio Volpe, un vecchio amico d'infanzia, lo ammoniva durante i loro giochi di ragazzi: "Guarda alto Giovanni, testa alta". Romanzo degli affetti che temiamo di aver perduto e insieme saggio sulle idee che ci dividono nel XXI secolo, Le cose che ho imparato è anche la confessione, candida e a tratti ironica, dello spaesamento di questa nostra stagione. Davanti allo scacco tra rassegnazione e risentimento populista, Riotta ricorda con un sorriso la battuta di un amico: "La vita è un film western americano degli anni Cinquanta. I cattivi vincono fino a cinque minuti dalla fine ma poi, bang, i buoni vincono".