“I commissari, i poliziotti, sono degli scrittori” -, scrive Mechi Cena, - “ricostruiscono passati, a volte li inventano. Li riscrivono” e Antonio Laitano è questo. Un poliziotto, vedovo, ammalato, confinato da qualche inciampo nella carriera in un commissariato che si chiama La Biscotteria.
La vicenda, scritta dall'alto come se un falco o un satellite spia sovietico avesse per anni seguito i percorsi dei protagonisti, fotografandone gli incroci, i momenti cruciali e rischiosi, è ambientata nel 1983, anno cruciale per la storia italiana. L'anno del primo governo a guida socialista che tante conseguenze ha avuto nella storia del paese fino ai giorni nostri.
Si inizia quasi sempre da un cadavere, e da quanti ne seguiranno i destini, e parrebbe essere quello di un corvo, nero come la pece. Viene ritrovato su di una spiaggia il corpo del proprietario di una grande villa all'Isola d'Elba. E' lì che Laitano vive e fa il suo mestiere. Ed è lì che si incrociano i primi passi dei personaggi del racconto.
A fare da guida al racconto è una nave da carico sovietica che dal mare baltico naviga fino alle coste del Corno d'Africa per consegnare armi all'Irak di Saddam Hussein. È nella scia di quest'ultima che si dipanano i destini dei protagonisti e i loro percorsi nella storia di quegli anni. Il commissario dovrà arrivare fino ad un villaggio sperduto della Somalia per annusare – assieme all'odore dell'albero dell'incenso -, anche quello di uno straccio sporco di una verità miope e irresponsabile quanto lo sono gli esiti del colonialismo italiano e dell'imperialismo sovietico e americano.
“Adorava la Settimana Enigmistica. Forse non tutti sanno che, che mette insieme capra e cavoli, cose che stanno sulla stessa pagina e non c'entrano un cazzo l'una con l'altra. Ma stanno lì, e qualcuno le mette insieme”.
Questa è la verità che Laitano ci fornisce, sul mondo, sulla vita e sulla morte.