Il volumetto nasce da un’esperienza concreta a cui ho avuto il piacere e l’onere di partecipare. Alludo ad una delle recenti sessioni degli Esami di Stato per la professione di architetto. In essa parteciparono poco meno di mille neolaureati e gli autori, insieme al sottoscritto, facevano parte della commissione esaminatrice. Certamente se dovessimo rifare quell’esperienza oggi cercheremmo di comprendere meglio coloro che abbiamo avuto il compito di esaminare. La pratica del computer e quindi del disegno automatizzato induce a non vedere la realtà dei volumi e induce a compiere errori del tutto ingiustificati. Ovviamente l’opera non ha l’obiettivo di superare tali handicap. Se ne pone un altro, forse più modesto ma che alla fine aiuta a risolvere anche gli altri. Provare a far capire, con la giusta dose di analisi scientifica, la realtà della costruzione, ovvero come funziona un cantiere. Uno dei limiti della formazione dell’architetto consiste proprio nel non essersi mai sporcato le mani con la calce o il cemento, durante gli anni dell’università. Il nostro modello è ancora quello dell’Alberti che commissionava ad altri la direzione dei lavori. (dalla Prefazione di Mario Pisani)