La "Lettera a Diogneto" è un'opera anonima risalente alla fine del II secolo, sopravvissuto alla distruzione di gran parte della letteratura cristiana pre-costantiniana. È importante per la sua testimonianza riguardo allo stile di vita e al senso di comunità coltivato dalle prime comunità cristiane. Lo scritto è stato scoperto nel XV secolo, quando un giovane chierico latino, Tommaso d'Arezzo, che si trovava a Costantinopoli per lo studio del greco, recuperò per caso dal banco di un pescivendolo un manoscritto greco, destinato a fornire carta per imballare il pesce. Il codice da lui acquistato passò in seguito al domenicano Giovanni Stojkovic di Ragusa il quale lo portò a Basilea. Pervenne poi all'umanista Giovanni Reuchlin; tra il 1560 e il 1580 arrivò all'abbazia di Marmoutier in Alasazia; mentre tra il 1793 e 1795 il manoscritto fu conservato presso la Biblioteca di Strasburgo. Durante la guerra franco-prussiana (1870) il fuoco incendiò la biblioteca distruggendo anche il manoscritto conservante la lettera. Nonostante la perdita del codice, il testo è noto in maniera abbastanza sicura, perché nel XVI secolo ne furono riprodotte tre copie. La lettera, indirizza ad un pagano greco (Diogneto) è suddivisa in dodici paragrafi: I. Esordio; II. L'idolatria; III. Il culto giudaico; IV. Il ritualismo giudaico; V. Il mistero cristiano; VI. L'anima del mondo; VII. Dio e il Verbo (Logos); VIII. L'incarnazione; IX. Il progetto divino; X. La carità; XI. Il Logos; XII. La vera scienza.
Traduzione di Eugenio Vaina De Pava (1888-1915)