Gli amori di Gabriele D’Annunzio non si contano. Lungo e intenso, e forse il più appassionato anche erché giovanile, è quello che, tra il 1887 e il 1892, lo legò a Barbara Leoni: uno slancio che congiunse il ventiquattrenne intellettuale d’assalto e la bella trasteverina e che bruciò contro lo sfondo splendido della Roma di fine secolo, di Francavilla e di Napoli. Cinque anni d’amore che agirono da stimolo per i suoi apolavori del periodo, trasfigurati liricamente in alcuni componimenti come Chimera (1890), Elegie romane (1892) e Poema paradisiaco (1893), e in parte rielaborati nel romanzo Trionfo della morte (1894). Ma è più che mai in queste splendide lettere che la storia di Barbara e Gabriele, da cui lui uscì ricolmo di gloria e lei provata da una passione che aveva minacciato di distruggerla, viene alla luce pienamente, con ssoluta eleganza di scrittura intrecciata al più intenso erotismo.