Durante la sua vita Primo Levi (1919-1987) è stato emarginato sotto l’etichetta di testimone dei Lager. Soltanto dopo la morte la critica ha riconosciuto la statura della sua opera letteraria, cercando però in essa le figure e i temi ricorrenti. Questo libro propone, invece, una lettura diacronica della vita e dell’opera dello scrittore, a iniziare dalla sua preparazione scientifica e dalle sue successive letture. Dopo la riedizione di Se questo è un uomo, e parallelamente alla stesura della Tregua, Levi tentò, infatti, la strada del racconto di ispirazione scientifica. Per la prima volta, vengono qui rintracciate le fonti di molti suoi racconti e viene ripercorsa l’evoluzione del suo pensiero, dalla crisi del determinismo all’approdo alla teoria del caos. Ma la scoperta dei buchi neri e la consapevolezza di un lato non razionale nella sua stessa persona conducono Levi a una visione del mondo pessimistica, secondo la quale l’ottusità della materia si riflette nella storia, nelle attività dell’uomo, che si scontra senza speranza con le forze dell’antimateria e dell’irrazionalità. A quel punto, Levi giunge a spiegare Auschwitz con una teoria in cui gli opposti si compenetrano: è la teoria degli «stadi intermedi» che fa da sfondo alle ultime poesie di Ad ora incerta e alla teorizzazione della «zona grigia», uno dei nuclei tematici piú profondi de I sommersi e i salvati. Uno studio accurato e innovativo, questo di Enrico Mattioda, che piacevolmente ci accompagna attraverso l’evoluzione del pensiero di Primo Levi, che, dall’emotività positiva dei primi scritti letterari, fu poi ostinato nel voler comprendere anche le facce piú oscure e spaventose dell’animo umano e dell’universo, fino a giungere al pessimismo cosmico degli ultimi anni della sua vita.