Nei venticinque racconti finalisti del Premio Goliarda Sapienza, accolti in questo libro, detenute e detenuti di molte nazionalità (italiana, albanese, romena, liberiana, marocchina, egiziana), accompagnati da autorevoli scrittori, giornalisti, artisti, raccontano le loro storie di mala vita con tratti crudi, avvincenti, spesso commoventi, anche ironici. Fra loro c’è chi si trova in carcere da decenni, chi è all’ennesima condanna e chi non vedrà mai la fine della pena.
È un’umanità diversa − per età, provenienza, estrazione sociale – che si racconta; un’umanità che ha smarrito, o forse non ha mai conosciuto, la cultura della legalità: l’anarco-insurrezionalista in fuga, il giovane narcotrafficante nell’apprendistato con i cartelli sudamericani, l’omicida che si rifugia in Messico per sfuggire ai suoi fantasmi, il clandestino che ha visto i genitori annegare durante il viaggio della speranza, il rom cresciuto al furto come mestiere. E vi è chi ha visto i bambini-soldato compiere stermini, chi ha subito torture nelle prigioni del proprio Paese, chi è stato seviziato dal padre, boss della camorra. Vi è la madre che scrive dei suoi figli nel Nido Blu del carcere, lo scugnizzo finito nelle rapine, nello spaccio, nella tossicodipendenza e la vecchia volpe della galera, il collaboratore di giustizia, il mafioso, il camorrista...
È un gruppo folto di persone che cercano di farsi conoscere e di conoscersi tramite la scrittura, compiendo così un gesto e un atto che certo significano una sofferta volontà di riscatto.