Delle geografie sensoriali si disegnano mappe, proprio come accade per i monti, i fiumi, le pianure. Ma è una cartografia che sovverte le certezze, invece di fissare coordinate precise. Così, niente di più fluido ed evocativo di un paesaggio acustico, perché dai suoni trapelano storie, con la loro densità affettiva e la loro costitutiva eccedenza rispetto al tempo e ai luoghi. E niente di più vibrante di un corpo d'acqua sulle cui rotte avviene la diaspora di ritmi, melodie, vocalizzi, tonalità: il Mediterraneo. «Un'infinità di tracce accolte senza beneficio di inventario», direbbe Gramsci. Iain Chambers sa quanto sia destabilizzante inseguire le scie sonore di un archivio liquido e meticcio - il nostro mare, le sponde di tre continenti - e quanto il pensiero di terraferma abbia da guadagnare da un simile spaesamento. Una delle tante suggestioni di questo saggio nasce infatti da un'idea meno scontata di identità e di dimora. Grazie alla sensualità dei suoni, alla memoria che custodiscono e alle appartenenze che mettono in gioco, ci rendiamo conto che l'importante non è tanto avere una casa nel mondo, bensì creare un mondo in cui sentirsi a casa.