Mein Kampf (La mia battaglia) è il saggio pubblicato nel 1925 attraverso il quale Adolf Hitler espose il suo pensiero politico e delineò il programma del partito nazista anticipando il tutto con un'autobiografia.
Una prima parte del testo venne dettata da Hitler all'amico di prigionia Rudolf Hess, ritenuto da molti il più fedele fra i suoi seguaci, durante il periodo di reclusione nel carcere di Landsberg am Lech seguìto al tentativo fallito del colpo di Stato di Monaco del 9 novembre 1923.
Mein Kampf è stato studiato come un'opera di filosofia politica. Per esempio, Hitler rivela il suo odio per ciò che riteneva fossero i due mali gemelli del mondo: comunismo ed ebraismo. Il nuovo territorio di cui la Germania aveva bisogno avrebbe realizzato nella giusta maniera il "destino storico" del popolo tedesco; tale obiettivo, a cui Hitler si riferiva parlando del Lebensraum (spazio vitale), spiega perché Hitler, con modi aggressivi, volle estendere la Germania ad est e, in particolar modo, invadere la Cecoslovacchia e la Polonia, prima ancora di lanciare il suo attacco contro la Russia. Nel libro Hitler sostiene apertamente che in futuro la Germania "dovrà dipendere dalla conquista dei territori ad est a spese della Russia".
Nel corso dell'opera, Hitler evidenzia le sofferenze politiche del cancelliere tedesco nel parlamento della Repubblica di Weimar e inveisce contro gli ebrei e i socialdemocratici, così come i marxisti. Annuncia di voler distruggere completamente il sistema parlamentare ritenendolo per lo più corrotto, sulla base del principio secondo cui i detentori del potere sono opportunisti per natura.