I saggi qui raccolti esaminano – per la prima volta in chiave comparativa – i crimini di guerra commessi da Italia e Giappone e i processi di rimozione nella memoria pubblica, messi in atto dopo il 1945, riguardo alle pagine più buie del passato coloniale e alle violenze commesse durante la seconda guerra mondiale.
Entrambi i paesi perseguirono obiettivi ambiziosi di espansione al fine di creare spazi di controllo imperiale, utilizzando politiche di sfruttamento e di controllo dei territori basate sul ricorso sistematico alla violenza: deportazioni e sanguinose rappresaglie, con fucilazioni di ostaggi e incendi di villaggi, come nel caso dell’occupazione italiana della Jugoslavia; oppure attraverso lo sfruttamento intensivo della forza lavoro coatta dei prigionieri di guerra e delle popolazioni assoggettate e lo stupro di donne dei paesi occupati da parte dei soldati giapponesi.
Il volume analizza, inoltre, come il muro del silenzio sui crimini nazionali abbia cominciato a sgretolarsi in anni recenti, in Italia grazie a una nuova ondata di studi sulle occupazioni fasciste in Africa e in Europa, in Giappone soprattutto grazie ai numerosi processi intentati dalle vittime delle violenze giapponesi e dai loro familiari.