«I racconti di Gianni Pesce vanno letti senza avere paura. Perché nelle sue storie non c’è spazio per i fraintendimenti, le ambiguità, le ipocrisie di chi volta sempre lo sguardo altrove, pensando così di negare la realtà. I poveri sono poveri, i disgraziati non possono essere definiti in altro modo, le puttane le riconosci subito, poi ci sono i delinquenti, i giudici e i poliziotti. Anche se lui non li chiama mai così. […]
E le storie vanno avanti. Il commissario Mari cerca la verità, e la trova sempre. Anche se scomoda, dolorosa, o in divenire: perché non sempre tutto si può capire subito, e spesso passano anni per mettere la parola fine, per chiudere il cerchio.»
Dalla Presentazione di Vito Biolchini