Nelle Metamorfosi, Ovidio si propone «di mostrare tutto l’universo, tutto il mondo con tutto ciò che vi esiste; di creare quasi un’enciclopedia della natura»: duecentoquarantasei favole che costituiscono un ciclo unitario ed esprimono il carattere fluido e precario dell’identità, l’effimero equilibrio tra amore e morte, stabilità e caducità, ordine e caos, l’incerto confine tra l’inconsistenza delle apparenze e la concretezza delle cose. Nel fluire ininterrotto dell’esistente, ogni trasformazione, ogni metamorfosi, è un dramma più doloroso della morte vera: per la sua ambiguità, perché non è né vita né morte.
In appendice il saggio: «Il mito e le sue forme: l’eredità delle “Metamorfosi” nella cultura occidentale» di Emilio Pianezzola.