“Il modo in cui Elvis si è distrutto con le proprie mani mi affascina, perché non vorrò mai seguirlo su quella strada.”
Così scrisse Michael Jackson nel 1988. Una frase banale. Un concetto retorico. Un proposito che purtroppo si è avverato al contrario. Il Re del Pop ha seguito la stessa strada del Re del Rock’n’roll, autodistruggendosi con un numero spropositato di farmaci in cui credeva di trovare una soluzione ai drammi intimi che viveva da sempre. Drammi che pochi sospettavano quando, a dodici anni, era la star dei Jackson 5, il gruppo creato con i fratelli. O quando, non ancora venticinquenne, rivoluzionava il modo in cui fino ad allora si erano realizzati i video musicali.
Nato nel 1958 a Gary, una malinconica cittadina industriale non lontano da Chicago, Michael Jackson muore all’improvviso a cinquant’anni in un giovedì di giugno per un arresto cardiaco. La notizia arriva in tempo reale, non si sa come, a un sito web di gossip che la pubblica creando smarrimento e dolore nei fan in tutto il mondo.
Alcuni si raccolgono davanti alla villa di Jacko in Sunset Boulevard, altri davanti alla casa natale o di fronte all’Apollo Theatre di New York da dove partì la strepitosa carriera dei fratelli Jackson. Ma sono milioni i seguaci che si incontrano in Rete, mandando in tilt i siti di informazione e i social network. La scomparsa di Michael è la prima vera morte nell’era di Internet, un evento in cui la carta stampata non ha quasi avuto ruolo: anche nel suo ultimo atto, il Peter Pan del Pop ha saputo ancora una volta rivoluzionare il mondo.
Da Don’t Stop ’Till You Get Enough a Billie Jean e Thriller, da Smooth Criminal a Black