Fino ad un recente passato, l’Europa è stata popolata in assoluta prevalenza da cittadini nazionali, ossia persone tra loro distinte da una sorta di ‘marchio di fabbrica’ impresso dai diversi Stati-nazione il cui scopo era (ed è tuttora) rendere palese e pacifico il nesso tra appartenenze collettive e diritti-doveri individuali. Il quadro è rimasto inalterato per secoli. Ove vi era mobilità geografica, questa si sviluppava soprattutto entro i confini dei singoli Stati o, se internazionale, si dirigeva verso altri continenti. È solo nel secondo dopoguerra che le società nazionali europee hanno cominciato a «mescolarsi», sia per movimenti migratori intra-continentali, sia per l’afflusso di migranti provenienti da altre regioni del globo. La crescita accelerata del volume di questi flussi a partire dall’ultimo scorcio del ventesimo secolo ha reso le migrazioni internazionali uno – se non il principale – dei temi caldi del mutamento sociale in Europa.