In occasione della vigilia di Kippur, il giorno del perdono, in cui gli ebrei digiunano e si ritrovano in sinagoga, Alain Elkann torna a riflettere sul tema dell’ebraismo, già affrontato nel romanzo Il padre francese, dove aveva analizzato il rapporto con suo padre. Mitzvà, invece, porta l’autore a esaminare il suo essere ebreo ispirandosi alla figura della madre, “esempio indimenticabile di donna e di ebrea”. Forse, più che di una riflessione, si tratta di una vera discesa nelle profondità di un retaggio vissuto sulla propria pelle, nel tentativo di chiarire, a se stesso e ai lettori, il senso di un destino: quello del popolo ebraico. Un destino che ha come unico protagonista Dio, un Dio che non dà spiegazioni, un Dio che bisogna capire da soli. Senza alcuna retorica, emerge con forza il ritratto di una condizione umana difficile, minacciata da secoli, ma assolutamente determinata a continuare la sua tradizione. è con sdegno che gli ebrei guardano ogni forma di razzismo, di antisemitismo, di intolleranza. Mitzvà è un libro in cui Alain Elkann invita, prima di tutto se stesso, a meditare sulla necessità per ognuno di noi di adoperarsi con ogni mezzo a costruire la pace, che non dovrebbe essere un’utopia.