Rivoluzione digitale”: negli ultimi anni non si parla d'altro, soprattutto in campo musicale. Fenomeni come il file sharing (da Napster a eMule) e l'Mp3 hanno proiettato la musica al centro del discorso sociale. Ne hanno fatto il simbolo di una nuova era non priva, però, di aspetti problematici, ad esempio la ridefinizione di ruolo dell'industria culturale e dei media tradizionali. Ma siamo davvero di fronte ad una “rivoluzione”? La tesi proposta in questo volume è che si tratti piuttosto di una “evoluzione”, per quanto frenetica, dei modelli di produzione, distribuzione e consumo della musica, che mantengono una forte continuità con le caratteristiche distintive del periodo analogico. Dallo scontro fra il pessimismo dei discografici, per i quali la pirateria digitale decreta la fine della musica, e l'entusiasmo dei consumatori, che vedono nel digitale la liberazione dalle costrizioni del mercato, emerge un panorama complesso dove il digitale “ri-media” le forme precedenti e ne rielabora linguaggi, tecniche e forme sociali: il vecchio walkman si è trasformato nell'oggetto di culto iPod, i videoclip più nuovi non si trovano più su MTV ma su YouTube, alla produzione industriale si affianca lo user generated content, i nuovi gruppi non si fanno conoscere più suonando ma sulle pagine di MySpace. La cornice è cambiata, ma gli elementi che compongono il quadro sono gli stessi: i meccanismi con cui la musica comunica, racconta e permette di socializzare non sono poi tanto diversi rispetto a due decenni fa.