[…] Giovannino ha il dono di saper pescare nel passato remoto e prossimo alcuni momenti di vita per farne momenti di meditazione e di “ritorno” (in senso quasimodiano) alle radici e lo fa con un senso dell’armonia efficace e di lunga durata. Infatti la lettura dei suoi versi lascia un alone nel lettore e lo accompagna a lungo. Ciò non solo perché i versi risultano musicali e ben torniti, ma anche per le cose dette, per la grazia e la profondità con cui si rivisitano le memorie.
(dalla Prefazione)
[…] Giovannino Borelli appare in queste pagine come poeta maturo che nella sua lingua materna analizza il passato e il mondo che lo circonda ponendo anche il lettore nella necessità di riflettere: in questi ultimi anni non pochi sono gli studiosi che sentono la necessità di riscrivere la storia degli ultimi secoli del meridione d’Italia ed è forse necessaria anche una riflessione sulla massificazione linguistica in atto che ha ormai quasi cancellato l’uso quotidiano dei dialetti i cui termini hanno spesso rappresentato, fino ai nostri giorni, l’ultima testimonianza dell’alternarsi delle dominazioni straniere nel sud della nostra penisola.
La lingua storica di un popolo contiene anche la sua mappa genetica, quindi negli arcaismi spesso usati da Giovannino Borelli è scritta la storia di Sambiase, dagli abitanti preistorici che hanno lasciato i loro disegni neolitici nella cava del monte Sant’Elia fino ai nostri giorni.
(dalla Nota del Curatore)