Lo straordinario acume critico e l’occhio sempre vigile ai fenomeni della cultura contemporanea di Gillo Dorfles innervano questo saggio, pubblicato per la prima volta nel 1965, che ora viene riproposto per l’eccezionale modernità dei contenuti e la freschezza dei giudizi che non solo non hanno perso smalto, ma al contrario hanno trovato ulteriore verifica e conferma nella realtà contemporanea.
Dorfles indaga con gli strumenti propri della psicologia, della linguistica, dell’estetica e della fenomenologia situazioni socio-culturali che solamente all’apparenza possono risultare estranee tra loro, ma che al contrario rivelano radici comuni, obiettivi coincidenti in un divenire multiforme che nasce da elementi mitici di base da cui sono scaturiti fenomeni di massa di cui Dorfles propone una lettura disincantata nel cogliere sia i lati positivi sia quelli più mistificanti e negativi.
Gli argomenti trattati vanno dalla pop art allo sport, dalla cognizione del tempo al design industriale ai gerghi critici, valutandone di volta in volta i miti (e le conseguenti demitizzazioni) e i riti che danno il titolo al volume, nell’analisi serrata degli elementi di razionalità e irrazionalità del mito contemporaneo, dei valori ideologici e "lucidi" della cultura di massa e dell e nuove icone della società dei consumi in un continuo andirivieni tra panorama oggettuale e fughe nei miti coltivati dall’imagerie fantascientifica.
Gillo Dorfles, critico d’arte e professore universitario di estetica, a partire dall’immediato dopoguerra si è impegnato in un’appassionata difesa dell’arte d’avanguardia, imponendosi in Europa e nelle Americhe come una delle personalità più attente agli sviluppi dell’arte e dell’estetica contemporanee. Tra le sue opere più note, tradotte in molte lingue, ricordiamo: Simbolo comunicazione consumo (1962), Nuovi riti, nuovi miti (1965), Artificio e natura (1968), Il Kitsch (1968), Le oscillazioni del gusto (1970), Introduzione al disegno industriale (1972), Dal significato alle scelte (1973), Mode & Modi (1979), Elogio della disarmonia (1986), L’intervallo perduto (1988), Il feticcio quotidiano (1990), Preferenze critiche (1993).