«Questa era la mia storia, e adesso dovevo raccontarla fino in fondo. Volevo che la mia Olimpiade impossibile, lunga quarantotto anni, spiegasse che il proprio futuro bisogna saperselo vedere nella testa, senza cedere alla rassegnazione e all'idea che tutto sia predestinato, liberando la mente da leggi assolute, da stereotipi e luoghi comuni, i grandi nemici del coraggio e della fantasia.» Come scrisse Candido Cannavò, rimpianto direttore della «Gazzetta», a poche ore dalla pazzesca finale del kayak femminile alle Olimpiadi di Pechino 2008: «Signori, questa non è una storia di sport. È la vita che parla e, attraverso Josefa, ci sussurra: amatemi gente, e non ponetemi dei limiti». Niente limiti nella storia incredibile della canoista tedesca che, trasferitasi in Italia per amore, si allena con il marito Guglielmo Guerrini in una cava dismessa, «a tu per tu con aironi, anatre e alcune coppie di cigni», e diventa una delle azzurre più premiate di sempre. Niente limiti per l'atleta data molte volte per finita e che ogni volta era lì, ai Giochi, otto edizioni, ventotto anni di Olimpiadi. Niente limiti, anche se: «Non puoi vincere se hai appena avuto un bambino!», «Non puoi essere una brava mamma e portarti a casa l'oro!», «E poi, cosa c'entra la politica? Dove la metti, in questa vita di corsa? ». Già, la politica, una nuova avventura, la più grande, proprio quando tutto sembrava finalmente calmo e tranquillo come il lago dopo una gara. Le elezioni da fuoriclasse, il Senato, il ministero, il caso mediatico, l'orgoglio, le dimissioni, la dignità. Senza fiato. Non porsi mai dei limiti: è questa la lezione di Josefa Idem, il filo che lega le prime pagaiate in un canale della Germania Ovest alla tempesta di telegiornali dell'estate del 2013. Un proposito che diventa metodo da applicare a ogni aspetto della vita, quando si è giovani per costruire passo dopo passo il cammino che porta a realizzare i propri sogni, da adulti per rimettersi in gioco e ricominciare verso un futuro pieno di soddisfazioni. Impegnarsi in tutto ciò che si fa, crederci sempre, con la mente aperta, lavorando sui dettagli e sul gioco di squadra, senza mai farsi dire da qualcun altro dove si può arrivare. E soprattutto, non dimenticare che bisogna sempre accettare le sconfitte come medaglie preziose, perché in esse è nascosto lo slancio per uscire dalla crisi: «Forse sono stata la campionessa olimpica più longeva di sempre semplicemente per la possibilità che ho avuto di arrivare tante volte settima, quinta, o con altri piazzamenti di retrovia che certo nessuno ricorda. Tranne me. Sono caduta in acqua, tra le risate del pubblico e i ghigni delle avversarie persino... Ma, dopo ogni batosta, ho sempre trovato la forza di ripartire».