Il Trattato teorico-pratico di diritto penale che qui presentiamo, frutto dell’impegno di un gruppo di studiosi – universitari, magistrati, avvocati – tutti di riconosciuta valentia scientifica, ha l’ambizione di collocarsi in posizione autonoma nel vasto panorama delle opere di approfondimento sistematico della nostra disciplina. La cifra distintiva risiede nell’impostazione – appunto, teorico-pratica – con la quale le diverse tematiche sono affrontate. L’obiettivo che ci ha ispirato, infatti, è stato di esplicitare la correlazione esistente tra i problemi applicativi (la prassi) del diritto penale e le ragioni (la teoria) alla base delle relative soluzioni; il tutto senza rinunciare al rigore scientifico nell’elaborazione ermeneutica dei problemi, sulla scorta del motto kantiano del «ciò che è vero in teoria non può che essere vero anche in pratica» (e viceversa).
Nel rivolgersi ai professionisti quali propri destinatari naturali o quanto meno principali, il Trattato orienta volutamente tale dialettica verso il polo della prassi: nell’analisi dei singoli istituti o fattispecie incriminatrici, la bussola è costituita cioè dalle problematiche che emergono nell’applicazione della norma penale, con una conseguente selezione del novero delle riflessioni teoriche rilevanti da questo particolare punto di vista. L’elemento “speculativo” nel Trattato è occasionato e commisurato alle frizioni sollevate dalla law in action senza assumere cadenze puramente dogmatiche: la riflessione teoretica pertinente è infatti qui soltanto quella che si pone in aderenza al “diritto (penale) vivente”, perché indaga le aporie e i punti di torsione segnalati in via prioritaria dalla pratica giurisprudenziale chiarendone la genesi e le ipotesi di risoluzione. Senza trascurare, ovviamente, l’esigenza di fornire un quadro il più possibile chiaro dello “stato dell’arte” e degli esiti ermeneutici consolidati in ogni singolo comparto del territorio penalistico intra codicem nonché pertinente ad alcune normative complementari di particolare importanza.
La prospettiva seguita nel Trattato trae dunque origine da una concezione dinamica dell’esperienza giuridico-penale: il diritto penale ha la propria trama nel disposto legislativo, ma diviene tessuto solo con l’apporto della prassi che attualizza quel dato normativo nel caso concreto e alla quale devono (dovrebbero) dare sostanza pariteticamente tutte le figure del processo (il giudice, il pubblico ministero, la difesa).
Ed è proprio di tale esperienza giuridico-penale, intesa in senso dinamico, che il Trattato vuole fornire un vademecum, veicolando il significato che la norma penale (di parte generale o speciale) assume in sede giurisprudenziale. Uno dei possibili antidoti alla crisi della legalità penale tradizionale, determinata dalla crescente complessità sociale, è infatti rappresentato da una maggiore consapevolezza critica delle ragioni e delle regole operative che sovrintendono alla formazione degli orientamenti delle Corti: simile consapevolezza rappresenta una pre-condizione per attuare una maggiore partecipazione e un consapevole controllo rispetto ai sempre più articolati processi di produzione del diritto anche penale.
Nella sua struttura, il Trattato contiene una disamina completa della parte generale del diritto penale e l’analisi dei settori della parte speciale (codicistica e complementare) maggiormente significativi nella prassi. Ed in attuazione dell’impostazione teorico-pratica, l’illustrazione degli istituti e delle diverse tematiche valorizza l’apporto della giurisprudenza e il dialogo tra questa e la dottrina, tralasciando i filoni teorici che si siano rivelati lontani dalla dimensione applicativa della norma penale.
FRANCESCO PALAZZO
CARLO ENRICO PALIERO