Ci sono tre tipi di adolescenti: i determinati, che hanno le idee chiare sul loro futuro e sono un’infima minoranza, gli esploratori, che cercano una strada e navigano a vista, ed infine i rinunciatari, il settore più omogeneo e coeso. Seppure non superano il 20%, hanno un impatto culturale a tutto campo. Sono accomunati da un’ideologia, il rinuncianesimo, che non ha maestri, ma tanti alleati, anche fra gli adulti. Cominciano il loro apprendistato alla fine delle elementari e raggiungono apici pericolosi dopo i 18 anni, quando fuoriescono in modo deciso da qualunque processo formativo senza nemmeno cercare un lavoro. Alla fine si chiudono in casa. Li caratterizza all’origine un precocissimo atto di secessione dal mondo degli adulti, dai genitori, dagli insegnanti, dagli allenatori. Nella loro fragile e illusoria autonomia, forgiano già dalle medie inferiori un contropotere che getta i genitori e gli insegnanti in una disperata impotenza. Con coerenza crescente, rinunciano prima a studiare, poi ad allenarsi, e persino ad amare. Si intossicano di canne e/o videogiochi, e vivono di facebook. Investono tutta la loro affettività nei rapporti fra pari, dove diventano o incontrano bulli e narcisi, che producono mille ferite, a volte mortali. Concepiscono la felicità come divertimento immediato o come assenza di impegno, ma si imbattono sempre nella noia.
SCEGLIERE LA RINUNCIA: UN VERO PROGRAMMA DI ALLENAMENTO - Gli adolescenti rinunciatari rendono la rinuncia un’abitudine che impedisce loro anche di immaginare un progetto di vita per il futuro. Se ne parla solo come tasso di disoccupazione (e nulla si fa a riguardo), ma non come condizione culturale e coscienziale che nasce ben prima di porsi sul mercato del lavoro. La rinuncia è scelta fondativa di un preadolescente che incontra numerosi fattori facilitanti: un’infanzia super organizzata, un’educazione incapace di fornire ambizioni e allenare talenti, una scuola decadente, un pessimismo diffuso che prelude a un futuro ancora più oscuro. Il loro programma rinunciatario comporta la repressione delle loro potenzialità, l’arretramento delle competenze. La demotivazione a studiare degenera nella demotivazione ad apprendere dalla vita. La rinuncia è uno dei più infelici programmi di allenamento per un adolescente.
Chi può salvare questi adolescenti da loro stessi? I primi che possono contrastare questa deriva sono i genitori, quelli sufficientemente buoni che hanno a cuore la sorte dei propri figli. Questo libro è dedicato a loro, alla loro sofferenza e impotenza, al loro amore incondizionato per questi giovanissimi, che divengono vittime di loro stessi. E offre una tesi di fondo innovativa: i genitori non sono la causa di questa deriva rinunciataria, ma la possibile soluzione soprattutto se trovano alleati all’altezza della sfida.