«Naturalmente l’ascensore non funzionava e si fecero cinque piani a piedi carichi di bagagli. Al terzo, Matteo cominciò a far volare bestemmie, Liuba si girò divertita.
“Qui non sei in Italia, qui sei in Moldova, qui è rusky standard.”
Con l’espressione intendeva quel modo di campare alla post-sovietica. Quello generatosi in una situazione di perdurante indigenza, di continua emergenza, dove non funzionava niente, che in Italia avremmo definito “alla cazzo di cane”»
Il più piccolo stato dell’ex Unione sovietica, un’azienda milanese alla ricerca di profitti, la persona incaricata di garantirglieli. Cronaca di un disastro annunciato.