Giorgio Bona ha scritto un libro scomodo, scomodissimo. Non è un vero romanzo, anche se ne ha la forma. Non è un saggio, che non avrebbe avuto altrettanta espressività umana e morale. È un testo di controinformazione narrativa, non saprei in quale altro modo definirlo. La Resistenza non è stata come ce l’hanno raccontata prima gli apologeti vicini al PCI, poi, in senso contrario, i revisionisti. È scomparso nel nulla tutto un filone antifascista che professava convinzioni eretiche: anarchici, militanti di Stella Rossa (Torino) o di Bandiera Rossa (Roma), bordighisti, socialisti massimalisti, trozkisti. La storia cruda e drammatica della progressiva denigrazione di Mario Acquaviva, militante del Partito Comunista Internazionalista, fino al suo assassinio, subito dopo la Liberazione, è emblematica di tante altre storie. Da sempre gli stalinisti, anche dopo avere cambiato pelle, casacca e ideologia, hanno trattato i rivali a sinistra da fascisti e provocatori. È giunta l'ora della verità.