«Solo con Falcone» è una frase che torna spesso nelle testimonianze dei primi pentiti di mafia. Molti di loro accettarono di parlare «solo con lui», perché Falcone era l’unico magistrato di cui avevano piena fiducia: l’unico che poteva capirli, l’unico che non li avrebbe abbandonati una volta usciti da Cosa Nostra. Il primo a pronunciare quella frase fu Tommaso Buscetta, l’ultimo Gaspare Mutolo, che Falcone, essendo in quel periodo all’Ufficio affari penali, passò a Paolo Borsellino.
Questa pièce teatrale ricostruisce la vicenda del giudice palermitano e dei suoi colleghi attraverso le principali fasi del celebre maxiprocesso di Palermo, dalla confessione di Buscetta alla sentenza definitiva e alle conseguenti stragi.
L’interesse per la figura di Giovanni Falcone va, comunque, ben al di là della lotta alla mafia e della sua tragica morte. La sua vicenda tocca corde universali, e più nello specifico mostra come in uno specchio pregi e difetti di noi italiani. Goethe ha scritto che «L’Italia senza la Sicilia non lascia immagine alcuna nello spirito. Qui soltanto è la chiave di ogni cosa». Non è un caso se i meccanismi perversi che hanno prodotto e regolano la mafia illustrano alla perfezione, amplificandole, certe caratteristiche tipiche del nostro popolo. Usando le stesse parole di Falcone, «la mafia ci assomiglia», per quanto ciò possa sembrare atroce. Né si può comprendere il Novecento italiano senza il maxiprocesso. Lì si avviluppano trame che partono dal Fascismo e arrivano fino ai giorni nostri. Solo per citare un fatto, intere pagine della nostra Storia, altrimenti ignote, sono state scritte grazie alla testimonianza dei pentiti, la cui regolamentazione è una delle grandi eredità di Falcone.
Fiction, serie tv, e film, sebbene necessari e talvolta meritori, hanno spesso ceduto alla spettacolarizzazione dell’orrore o si sono limitati alla funzione del documentario. Il teatro invece, con i suoi mezzi apparentemente più limitati, è un ottimo mezzo per indagare le motivazioni psicologiche che hanno prodotto quel sangue e quella cronaca. In questa impostazione, gli omicidi sono momenti di buio, punti di discontinuità di un unico e più ampio discorso. I veri protagonisti sono i singoli personaggi, con il loro carattere, la loro umanità, i loro problemi e la ragnatela di relazioni che li lega.