Ancora una volta Adam Phillips sceglie una strada poco battuta per arrivare al cuore dell'uomo contemporaneo. Nel pensiero comune l'equilibrio sembra essere di per sé cosa buona, una meta da raggiungere in vista del nostro benessere psicofisico. Ma come la mettiamo, allora, con cose tanto essenziali all'uomo quali l'amore, la passione, la fede religiosa, la sofferenza? Parlare dell'equilibrio significa immediatamente parlare del suo opposto. È davvero sbagliato amare «troppo»? Il fondamentalista religioso è forse «troppo» religioso? E quanto siamo disposti noi, equilibrati e tolleranti, a tollerare il suo fondamentalismo? La forza che ci muove incessantemente, alimentando tanta parte della nostra vita interiore dal giorno in cui veniamo alla luce, è il desiderio: come la mettiamo con le sue intemperanze, le sue pretese eccessive, tutt'altro che equilibrate? La felicità non ha forse in sé qualcosa di eccessivo? Sono queste e tante altre le domande che scaturiscono dalla riflessione impavida e implacabile di Adam Phillips, scrittore psicoanalista capace come nessun altro di smontare pezzo per pezzo le nostre certezze e ribaltare punti di vista considerati sicuri, in un esercizio analitico e terapeutico praticato sul pensiero e il linguaggio, sull'individuo e la società e i loro problemi più attuali e scottanti. Un autore capace di scuotere, di toccare nei punti nevralgici, che raccoglie sempre più estimatori tra i lettori che, come ha scritto il Los Angeles Times, «da un libro vogliono essere cambiati, non consolati; provocati, anziché rassicurati».