Analogamente all’angelo della storia di Benjamin, che volge lo sguardo al passato mentre viene vorticosamente sospinto nel futuro, l’uomo contemporaneo avrebbe bisogno delle rovine, perché vive in un mondo divorato dal presente, come sostiene Marc Augè, denunciando il continuo sbilanciamento temporale in cui viviamo. L’affermazione di Augè e l’immagine benjaminiana suscitano una riflessione generale sul significato che ha assunto il tempo nella cultura contemporanea e, conseguentemente, una serie di domande sulle possibili ricadute di questo tema nel campo del restauro, dove il legame fra senso del tempo e volontà conservativa, che pure ha alimentato e continua a finalizzare il rapporto con le testimonianze del passato, non viene quasi mai dichiarato in forma esplicita. Così il tempo, forse proprio perché per sua natura richiede forme di approfondimento filosofico, diventa una sorta di elemento animatore inespresso di ogni azione conservativa. È quindi interessante ricercare, per esempio, in che modo e con quali limiti una percezione sempre più articolata della temporalità, come è quella dell’uomo contemporaneo anche in relazione ai monumenti, possa contribuire allo sviluppo della coscienza conservativa e suggerire possibili nuovi significati e modi di apprezzamento delle opere del passato. Si delinea un percorso personale di ricerca, che richiede continue verifiche e aperture, ma soprattutto un approccio complesso al tema della conoscenza, in cui convergono letture tecniche e percezioni, ragione e emozioni, che può essere significativo tentare di comporre nel progetto di restauro.