«Erano trascorsi ormai dodici mesi dal mio arresto avvenuto a Pinsk il 19 novembre 1939, e quel giorno doveva risultare importante per me: mi apprestavo infatti a venire processato dinanzi alla Suprema corte sovietica. Soltanto un anno prima ero il tenente Rawicz della cavalleria polacca: ventiquattro anni, snello ed elegante nell’uniforme di buon taglio, con gli stivali lucenti.»
In seguito al processo Slamovir Rawicz venne condannato come spia a 25 anni di lavori forzati in Siberia. Il viaggio da Mosca al campo di prigionia durò tre mesi e durante il tragitto, d’inverno, moltissimi prigionieri morirono. Ma Rawicz sopravvisse e per la successiva primavera organizzò una fuga con altri sei condannati. Nel giugno del 1941 attraversarono la transiberiana e si incamminarono verso sud. La marcia durò quasi un anno, più di 6500 chilometri e l’attraversamento di alcuni tra i più inospitali territori del pianeta, come il deserto del Gobi. I fuggiaschi, almeno coloro che sopravvissero, raggiunsero il Tibet nel marzo del 1942, dove furono salvati e curati dagli inglesi.
Tra noi e la libertà è il racconto di una fuga, è una storia di coraggio, di amicizia e di amore per la libertà. Leggendo la terribile odissea dei protagonisti si ha la sensazione di essere lì con loro, a patire la fame, la sete, il gelo, ma anche a condividere i momenti di intenso calore umano, generosità e vero e proprio eroismo.