I veri protagonisti di questo libro sono i ragazzi nati nel dopoguerra, fino agli inizi degli anni Sessanta – definiti da molti “la generazione fortunata” – , i primi ad incontrare la televisione come elemento importante della loro vita, oggetto di intrattenimento e di formazione e soprattutto scoperta del nuovo.
Dalla metà degli anni ’50 alla metà dei ’60, l’appuntamento delle 17:30 del pomeriggio era davvero magico per le generazioni che vedevano ogni giorno cambiare il mondo davanti ai loro occhi e si convincevano che si sarebbe andati sempre avanti, che si sarebbe stati sempre meglio, che qualsiasi traguardo sarebbe stato possibile. Come per quella generazione è stato. La prima stagione della Tv dei ragazzi ricalcava l’impostazione dei programmi per adulti, di cui riproponeva i generi principali, tra cui la narrativa adattata alla Tv, in una versione per i più piccoli. I bambini di quell’Italia ridevano di “Nicolino” balbuziente, cosa che oggi sarebbe anche politicamente scorretta, e chiedevano di leggere i grandi classici sulla pirateria dopo aver visto le avventure di “Giovanna la nonna del Corsaro nero”.
Dedicare un’attenzione particolare a “Giovanna la nonna del Corsaro nero” ha, quindi, molti significati nell’ambito della ricostruzione della storia della Tv italiana. È una trasmissione centrale per comprendere l’importanza della programmazione per ragazzi, ma per i cultori degli archivi e della cosiddetta “archeologia televisiva” è qualcosa di unico: per una serie di fatalità, non esistono registrazioni originali del programma.
“Giovanna la nonna del Corsaro nero” è dunque un mito tramandato a memoria dalle generazioni che lo hanno visto in diretta, ma che per merito delle ricerche portate avanti dalle Teche della Rai ha anche una memoria “fisica”, sia pure non video. Sono stati ritrovati nel corso degli anni fotografie, appunti di lavoro, i bozzetti dei favolosi costumi di scena e infine i costumi stessi, esposti in mostra a Torino nel 2014. Questo libro una vera esegesi della trasmissione vuole essere anche un tentativo di risarcimento verso i telespettatori della Rai, qualcosa in più di una ricostruzione e di un omaggio, un modo unico di “rivedere” un grande prodotto perduto ma che davvero perduto non è.