Superato lo shock dell'11 settembre 2001, nonostante si siano verificati altri gravi attentati la maggior parte dei cittadini, nel mondo occidentale e in Italia, ha lentamente ripreso la routine della propria esistenza: «Dopo l'overdose di articoli e trasmissioni televisive la vita è tornata alla normalità. Non per tutti: da dieci anni lo stato di allerta è divenuto una condizione quotidiana per chi deve garantire sicurezza al Paese». Stefano Dambruoso ha affidato al giornalista d'inchiesta Vincenzo Spagnolo le riflessioni lucide e incalzanti di un magistrato tenace, che non ha mai smesso di ragionare, capire, valutare indizi, costruire collegamenti: impegnato presso la procura di Milano, Dambruoso fu tra i primi a segnalare pericolosi indizi di attività terroristica in alcune indagini su personaggi attivi in Italia, legati a un allora semisconosciuto miliardario saudita di nome Osama bin Laden. Dieci anni dopo l'orrore del grande attentato alle Torri gemelle, il network del terrore si è profondamente trasformato, ma non è scomparso, tanto che la stessa morte di Bin Laden probabilmente non ne segnerà la sconfitta o il declino: «Oggi uno spettro si aggira per il mondo, per l'Europa e, dunque, anche per l'Italia» scrivono Dambruoso e Spagnolo. «Uno spettro che genericamente chiamiamo "terrorismo" oppure, con riferimento alla matrice ideologica o alla forma organizzativa, jihadismo o qaedismo. Ma che, in concreto, può assumere sembianze e strutture difficili da individuare, quando addirittura non si basa su un'unica mente, un kamikaze solitario, capace di ideare e attuare un attentato senza alcun coinvolgimento diretto di altre cellule». È la parabola del jihadismo fai-da-te, subdola minaccia portata alle nostre società da attentatori isolati che si abbeverano a farneticanti proclami su Internet. Donne e uomini frustrati e delusi, vittime della mancata integrazione o soggetti caricati a molla da predicatori dell'odio, pronti a compiere azioni tanto clamorose quanto imprevedibili. Come Mohamed, l'immigrato libico che si è fatto saltare in aria davanti a una caserma a Milano nel 2009, e del quale questo libro ricostruisce, passo dopo passo, la tragica storia. Ripercorrendo un decennio di indagini e di esperienza diretta, il magistrato più attivo in Italia contro il terrorismo disegna oggi il profilo della nuova minaccia, dovuta a schegge impazzite che «non lasciano una scia definita, ma solo poche, labili tracce». Una sfida che non consente cali di attenzione. Diventa dunque fondamentale, per evitare nuove stragi, anticipare le mosse dei potenziali attentatori, per poter arrivare prima che l'ordigno venga innescato. Anche solo un istante prima.